Di terra e di fede: storia millenaria del Friuli

Ancje Diu al è furlan: se nol pae vuei, al pae doman 

(“Anche Dio è friulano: se non paga oggi, paga domani”) 

- detto popolare 

Il Friuli è tante cose.  

In via più immediata, all’orecchio del “forestiero”, sovviene l’appartenenza all’entità politico-amministrativa  che, insieme alla Venezia-Giulia, segna oggi l’estremo nord-orientale d’Italia. 

Ma a chi, come me, vi ha avuto i natali e a coloro che si avventurano sotto la superficie dell’attualità più  spicciola, il Friuli rivela le sue molteplici sostanze: esso è concetto storico e culturale autonomo e definito, è  lo scrigno di una lingua, l’eco di lontane epoche tribolate, ma anche il mezzo di trasmissione di una fede  cristiana che, nei secoli, ha saputo resistere ai movimenti tellurici delle ondate barbariche e alla tempestosa  incertezza del Medioevo. 

Per gettare uno sguardo panoramico sulla storia del Friuli (contrazione di Forum Iulii, indizio evidente delle  radici che affondano nella romanità), non si può non partire dall’epopea di Aquileia. Città di rilievo primario del tardo Impero Romano, alla caduta di questo Aquileia ha mantenuto la veste di  importante centro culturale, prevalentemente in quanto sede episcopale di una diocesi che nel Medioevo fu la più estesa d’Europa. La posizione geografica a ridosso con la regione balcanica le impose il ruolo di baluardo  difensivo della tradizione cristiana che al tramonto dell’Impero aveva permeato l’Europa occidentale,  fungendo da strenuo argine alle correnti barbariche che avevano nel litorale adriatico l’unico agevole accesso  alla penisola italica. 

ll più celebre dettaglio del pavimento musivo della Basilica di Aquileia

L’apporto di Aquileia alla cristianità va oltre: dopo essere stata decisiva nel braccio di ferro tra ortodossia ed  eresia ariana, da essa si irradiò una diffusa opera di evangelizzazione in Europa meridionale e centrale, per  mano e bocca di vescovi e teologi che trovarono nel fervore culturale della città terreno fertile per lo slancio  missionario (tra i quali spiccano gli iconici arcivescovi Cromazio e Valeriano).  

Oggi, di Aquileia rimangono solo alcuni resti dello splendore antico, amalgamati nel contesto di un modesto  e quasi anonimo paesino della bassa friulana. Tra questi luoghi, il più illustre ed evocativo è la Basilica di Santa  Maria Assunta, sede del meraviglioso pavimento musivo, opera pressochè unica in Italia, raffigurante una  moltitudine di scene sacre e allegorie bibliche. Senz’altro la più particolare, non rinvenibile in altri luoghi del  cristianesimo, è la “battaglia” tra il gallo e la tartaruga: scena di non limpida interpretazione ma che per i più  simboleggia la lotta tra la luce e l’oscuro inferno (rinvenendo l’origine della parola “tartaruga” nel greco  “tartaro”, ossia appunto gli inferi). Riproduzioni di questa immagine adornano le pareti di numerose chiese  friulane, prevalentemente nelle zone al di fuori dei centri abitati maggiori.

L’alto Medioevo fu teatro di invasioni ad opera dei Goti e poi dei Longobardi. Questi ultimi istituirono il Ducato  del Friuli, suddivisione amministrativa del loro Regno nella penisola e corrispondente grossomodo all’attuale  territorio regionale. In quest’epoca inizia a prendere forma la lingua friulana, idioma di derivazione latina con  decisi influssi delle parlate barbariche, ancora oggi tra le lingue ufficiali della Regione, dotata di una propria  grammatica e di una florida letteratura prosaica e poetica. 

Seguì alle dominazioni l’instaurazione del Patriarcato di Aquileia. Fu questa una entità politico-religiosa  decisiva nella storia della Regione, nella quale potere temporale e spirituale si saldarono in capo alla figura  del Patriarca e che sarebbe durata fino al 1751, soppressa da una bolla pontificia di Benedetto XV. 

In questo contesto, peraltro, venne proclamata la Patria del Friuli (3 aprile 1077) - uno dei maggiori principati  feudali in seno al Sacro Romano Impero – e ivi si insediò notabilmente il primo Parlamento d’Europa.Tanto sentita e vivace fu la tradizione cristiana in Aquileia, che produsse addirittura una vera e propria liturgia  a sé stante - il cd. “rito aquileiese” o “rito patriarchino” - insieme di canti, formule e rituali sacri utilizzati nel  quotidiano e in occasione delle festività, strettamente aderenti alla semplicità rurale del popolo insediato  nella giurisdizione episcopale. La vita liturgica autonoma rispetto agli usi in vigore presso la Chiesa di Roma  costituì uno dei tanti primitivi segni di distinzione del Friuli rispetto ad altre realtà italiche. Il filo dei secoli  avrebbe poi dato conferma di come questa piccola e schiva terra sia nido di un popolo fieramente distinto,  con un carattere forgiato dalla convergenza dell’essenza mediterranea, balcanica e mittel-europea

Ed ecco che tutto ciò, la difesa della fede e la spinta innovatrice di essa intorno al centro gravitazionale di  Aquileia, le invasioni portatrici di una ritrovata stabilità politica e di precisi confini territoriali, in uno col  sorgere di una lingua e di un insieme di tradizioni, fece sì che il Friuli si affermasse come concetto identitario  di un popolo, in anticipo rispetto a tutte le altre Regioni italiane.  

Trascorsero i secoli, il Patriarcato giocò la sua parte nello scacchiere d’Europa, il suo destino intrinsecamente  legato alla Serenissima – talvolta come alleato, talvolta come duro oppositore – fino al suo tramonto a metà  del secolo XVIII. 

Giunse l’età moderna, con essa le guerre e la miseria, e la grande emigrazione quale inevitabile conseguenza.  Dal 1880 al 1970, i friulani che scelsero di abbandonare la Patrie furono quasi un milione. Le destinazioni  erano in tutti i continenti, soprattutto Francia, Belgio, Stati Uniti, Canada, Argentina, Brasile e Australia. Come  al solito, anche nell’andarsene lontano, la gente del Friuli fece a modo suo. Diede vita ad un fenomeno  prodigioso, ai più sconosciuto: i Fogolârs

Questo termine indicava in principio il “focolare”, luogo di ritrovo delle famiglie friulane all’interno delle  proprie abitazioni, soprattutto nelle zone rurali e montane della regione: attorno ad esso ci si riuniva, giovani  ed anziani, uomini e donne, non solo per cucinare e riscaldarsi, bensì anche per tramandare ricordi, pregare,  affrontare le questioni quotidiane della famee (la famiglia).

Nonostante la forte emigrazione, la gente del Friuli – guidata dalla consueta strenua tenacia imperniata  soprattutto sulla fede -, ebbe la capacità di trovarsi, ricreando piccole comunità in tutti gli angoli del mondo.  Comunità che venne naturale denominare, in richiamo a quel caldo luogo di antica fratellanza casalinga,  Fogolârs furlans. Associazioni di promozione della cultura regionale, che oggi sono portate avanti dai  discendenti dei nativi del Friuli storico, e che, integrate nel tessuto degli innumerevoli Paesi ospitanti,  rappresentano tutt’ora un punto di riferimento per chi dal Friuli sceglie di emigrare e cerca non solo aiuto per  l’inserimento e il lavoro, ma anche una connessione con le proprie radici e un supporto morale e spirituale,  una casa lontano da casa

Da discendente di friulani emigrati (tra il nord e il sud-america) ritengo si possa scorgere un affascinante  parallelismo tra il fenomeno dei “focolari” e le ecclesiae, le comunità costituite dai primi cristiani che, dopo  la morte di Gesù, si sono ritrovati ad errare tra il medio oriente, l’Europa e l’Asia Minore nella loro opera di  diffusione della Parola.  

Alla base del fenomeno c’è senz’altro una forza morale, impressa ai furlans anche da una spiccata e solida  spiritualità cristiana, seppur ancorata a una concreta tradizione contadina priva di sofisticatezze teologiche:  “per indole e per costume il friulano è religioso. Una volta lo era nelle forme di un Cristianesimo istintivo,  contadino e tradizionale. Ora lo sta facendo nei modi di un Cristianesimo interiorizzato, laicizzato. Anche il  distacco delle masse dalla religione è avvenuto in maniere addolcite, non clamorose né distruttive. Altrove  l'abbandono della civiltà cattolica ha significato un salto dentro un materialismo ingordo e sgolato, o dentro  la febbre e l'orgia radicale della libertà senza freno. Il friulano è uscito dalla chiesa in silenzio, conservando il  suo Cristianesimo sostanziale”1. 

Il disastroso terremoto del 1976 (uno dei più gravi eventi sismici del secolo XX in Europa) fu in grado di  richiamare in Patria decine di migliaia di emigrati e loro discendenti: dai Fogolârs la regione trasse linfa vitale  per la sua silenziosa ricostruzione. La distanza, di tempo e di spazio, dalla terra madre non era stata in grado  di recidere il cordone ombelicale di questi moderni “apostoli”. 

Riflettendo sul carattere di questa gente, che ha attraversato i secoli e le sventure con placida e incrollabile  fede in Dio e nel futuro, penso non ci sia da sorprendersi: in una giornata limpida, recandosi su una qualsiasi cima delle Alpi Carniche, con un solo sguardo l’occhio può abbracciare alte nevi, verdi e fertili colline, una  pianura ricca di acque, la costiera lagunare e il mare Adriatico. In un così piccolo e modesto lembo di terra, il  Friuli racchiude un vero compendio del Creato

Uno scatto panoramico dalla Laguna di Grado

Francesco Botti

Nato a Udine nel 1996, ha trascorso gli anni universitari a Padova, ove si è laureato in Giurisprudenza, ha partecipato attivamente alla vita associativa studentesca e tutt'ora vive, svolgendo il tirocinio forense.

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